mercoledì, agosto 02, 2006





Tu danzi costeggiando il labirinto
il moto che tu muta conduci narra esilio e
morte
narra spossessamenti

tu danzi
e noi danzando te
a nostra volta siamo ri depositati
nell'incanalato
piu` ci accostiamo e piu' ci allontaniamo
e tu lo sai
danzando... nera Beatrice

[Giancarlo Majorino]

Fidel





Oggi Fidel Castro ha ceduto temporaneamente i poteri del suo impero comunista al fratello Raul.



Trent’anni fa Antonioni girava un documentario di un altro impero, un altro comunismo: la Cina di Mao. E della sua umilta’, del suo “understatement” si stupiva:



“Mi si e’ detto che questa dimessa immagine del potere potrebbe nascondere una realta’ diversa, ma io le attribuisco molta importanza, la considero un contributo alla conoscenza della Cina almeno quanto lo potrebbe essere, per l’Italia, un’immagine della polizia italiana con l’ostentazione delle sue armi e del suo addestramento. Io credo ancora, dopo tanti anni di cinema, che le immagini abbiano un senso.” M.Antonioni, Chung Kwo.



Scriveva Antonioni trent’anni fa, nell’Italia di Leone, di Andreotti e di Berlinguer, nell’Italia del “compromesso storico” e della partitocrazia, alienata ormai dagli esperimenti cinese e sovietico, nell’Italia zittita dall’incursione Usa sulla Maddalena, nell’Italia del passato.



Scriveva e investigava la Cina rivoluzionaria poco prima che il suo collega Fellini, con pari spirito investigativo e pari umilta’, seppur con lo stile piu’ folle del proprio personaggio, giro’ Amarcord. Fellini non-dice della dittatura fascista, cio’ che la Cina di Antonioni non-dice della dittatura Maoista perche’ narra di un “passato [che] in realta’ non esiste se non nella nostra fantasia […] Ma se i ricordi sono amari e confusi, se perdono sapore e colore, se non hanno senso, se sono indecifrabili, il discorso diventa attuale. L'attenzione si sposta sulla coscienza dell'uomo contemporaneo, sull'oggi.” (Sergio Trasatti, "L'Osservatore Romano", 20 dicembre 1973) Il cittadino cinese di Antonioni, in segno di rispetto, preferisce tacere sul nome stesso del suo dittatore, e guarda con sospetto a chi lo nomina, “come se ne parlassi a sproposito, forse con insufficiente gravita`”. Il suo ruolo e la sua rivoluzione non sono qualcosa che si vede, come commenta un recensore Cinese su Chung Kwo: “una volta capito che la rivoluzione e’ una cosa mentale e materiale e morale ma non necessariamente visibile, non si puo’ fare ne’ un documentario di Antonioni, ne’ di Ivens, ne’ un film a soggetto di Godard”.



Trent’anni fa Antonioni scriveva in un’Italia annoiata e controllata, di un popolo ancora sognatore e unito nel suo “understatement” che nulla doveva ingannare sulla sua coesione e forza sociale: “Sono convinto che veramente la vita quotidiana dei cinesi, piu’ che obbedire a leggi formali, sia condizionata da un’idea comune del giusto e dell’ingiusto e che di qui derivi una maggiore semplicita’, vorrei dire una maggiore serenita’ nei rapporti umani.”



Trent’anni fa l’ imperialismo statunitense, invischiato nell’affare Watergate, in estensione con nuove basi sulla Maddalena e a Vicenza con la base Setaf, “impegnato” in Vietnam e coinvolto in un golpe, un grave golpe, quello di Pinochet, si preoccupava di facilitare la distensione dei rapporti con la Cina rivoluzionaria tramite la “diplomazia del ping-pong” e con visite ufficiali. E a ben vedere, perche’sei anni piu’ tardi morira’ Mao Tse-Tung e con l’insediamento di Deng Xiaoping nel 1978 Stati Uniti e Cina annunceranno lo stabilimento di normali relazioni diplomatiche. Di li’ a pochi anni poi seguiranno l’introduzione nel sistema di elementi di economia di mercato, la reintroduzione di differenze salariali, l’incoraggiamento all’importazione di tecnologia dai paesi piu’ sviluppati e la penetrazione di modelli di tipo consumistico soprattutto fra le generazioni piu’ giovani.



Trent’anni dopo non e’ un documentario su Cuba che ci riporta l’attenzione su di questa, ma un malore, forse grave, forse lieve del suo lider maximo. La verita’ ci e’ sempre velata, non tanto per un popolo silenzioso quanto per l’esistenza di un regime che seppure unico, seppure ancora superstite al modello consumistico contraddetto e contraddittorio da e fra i giovani che lo vivono, e’ pur sempre una dittatura. Altrimenti non esisterebbero gli esuli e l’opposizione a Miami.



Ma trent’anni dopo, gli Usa sono ancora alla porta, a volerci essere d’aiuto:



Also Tuesday, Secretary of Commerce Carlos Gutierrez said that the United States is prepared to offer the Cuban people help in transitioning from communism to democracy after Castro.



"When a transition government committed to democracy is in place, we will provide aid in areas such as food and medicine, economic recovery, and free and fair elections."



Ma nonostante il Presidente Bush comprenda che “il futuro di Cuba e’ nelle mani dei Cubani”,


Sen. Christopher Dodd, a Connecticut Democrat, said it was not clear that the administration was doing enough.


"I hope that the administration is working with allies and others to prepare for an easier transition than might otherwise occur," Dodd told reporters.


[CNN.COM]


Trent’anni dopo, impera un silenzio ancora piu’ profondo in Italia che presa dall’ “indultino” e dalla “manovrina”, tristi volti in realta’ di una seria crisi istituzionale e di coesione nazionale, tace sull’alba di una possibile crisi di transizione. Nessun Togliatti dell’articolo “Necessaria un riflessione attenta sul quadro mondiale. Imperialismo e coesistenza alla luce dei fatti cileni”. E per fortuna nessuna, almeno per ora, democrazia consociativa da noi e penetrazione diplomatica per loro.


Ma il Partito Comuista potra’ essere, come espresso nelle ultime parole di Raul Castro, “the worthy heir of the trust Cubans have placed in their leader.”, perche’, come sostiene l’enigmatica figura di Fidel, “l’imperialismo non potra’ mai schiacciare Cuba”? Oppure bisogna sperare con il senatore statunitense Nelson nella caduta del dittatore, per “muoversi verso una Cuba libera e democratica”?


O dovremmo ascoltare infine la nostra avanguardia, i nostri intellettuali, almeno quelli del nostro passato, che a fronte di ricordi, sicuramente amari e confusi, sicuramente saporiti e coloriti, guardando oltre ideologie nate nel passato, disincantati dalle ingiustizie presenti, ci invitavano a guardare alla nostra coscienza, all’uomo contemporaneo, all’oggi?

martedì, agosto 01, 2006

Il tempo


Che cos’e’ il tempo?

Qualcosa di unico. Trascorre, ma non passa.

Il suo valore non e’ assoluto ma muta nel tempo. E’ esso stesso a decidere la propria sede. Un presente in tempi diversi acquisisce valore diverso. Cosi' in noi possono riaffiorare attimi rimossi sino a ieri, o un futuro mai considerato puo’ eccitarci o angosciarci solo oggi.

Il passato e’ presente nei ricordi. Il futuro presente nei sogni…

E il presente e’ solo il luogo dove la sua origine si mesce al suo avvenire. Dipende dal ruolo che attribuiamo al nostro passato e dal peso del nostro futuro. E per questo e’ nulla. E’ sintesi del nostro vissuto passato e futuro. Sintesi, nel senso di synthesis, unione. E per questo e’ tutto.

A noi solo lo stato d’animo col quale accoglierlo. E renderlo un passato indimenticabile.


Riporto una riflessione di un saggio a me molto caro:

"Il tempo solo e' eterno: tutto cio' che in esse nacque, gigantesche nebulose stellari e minuscoli pianeti, trova in esso inevitabile fine. Il vecchio Copernico scaglio' la terra lontano dal centro dell'universo, ma, dopo come prima, l'umanita' nel suo orgoglio, si sente pur sempre centro dell'universo. Per lei il tramonto di miriadi di grandi mondi lontani e' nulla, la fine del suo piccolo astro e' tutto".

Carlo Lattuada