domenica, agosto 09, 2009

Noi del XXI secolo

Ho spostato il letto verso la finestra, lungo il paravento. Le foglie di vite s'intrecciano negli intarsi di legno controluce. Questo legno profuma. Non l'avevo mai scoperto prima, nei dieci anni che l'ho acquistato. E' un paravento che viene dall'India. Era un paravento che veniva dall'India, dieci anni fa, meta sconosciuta e ovattata di poesia. Guardandolo adesso, penso soltanto al negozio dove l'ho acquistato, in qualche bugattolo di Londra, probabilmente l'East London, quella degli Indiani. Ricordo il chaos degli articoli in vendita, grandi, sontuosi, polverosi.

Allungata sul letto, mi rimmergo nell'Asia con Murakami. Un continente che vedo piu' crudo adesso, dopo qualche tappa recente, l'India soprattutto. Annuso il profumo dolciastro dei rovi controluce, polverosi anche loro.

L'odore mi distrae. Guardo la vite nuovamente: io vivo di intrecci di relazioni sociali telematiche. Non avendo imparato a districarmici, gli intrecci mi avvolgono sempre di piu'. Occorre fare attenzione a non soffocore, noi generazione del 21esimo secolo. Siamo, anche noi, come ognuna di esse, una generazione di transizione. Rendersene conto pero' spaventa. La dimensione che ci si gioca questa volta non e' quella nazionale, non quella globale, ma personale. Non ci sono piu' frontiere, non utopie di pace da difendere; c'e' soprattutto il dannatissimo bisogno di relazioni interpersonali. E in una vita che non ce le permette, noi stretchiamo questo concetto di relazione per farvici comunque spazio. Parliamo sempre piu' di reti sociali aziche' di relazioni.

Appoggiandoci a fondamenta digitali che stiamo ancora costruendo, cresce lo spazio immaginativo, cresce l'ebrezza dello scambio interpersonale immediato, ricco, impulsivo e quasi animale di nuovo, mentre le maglie della rete continuano ad allantersi, il filo s'affina, e noi che non siamo ancora bravi equilibristi si rischia di cadere...

E' un salto all'elastico senza elastico. Noi del 21esimo secolo ci buttiamo nel vuoto. E lo spazio interattivo finisce per essere solo quel vuoto tra i fili di una maglia troppo tirata.

E' una generazione di transizione, quella della classe 2000. Forse dovrei riprendere in mano i ferri che m'insegno' ad usare la bisnonna Serena, e rimparare a tessere bene a maglia prima di tutto. Non era piu' in grado d' impugnare la forchetta per mangiare da sola "la nonna Serena", ma dannazione a fare un maglione le dita le andavano eccome. L'uomo sospeso all'infinto non ci sa stare, non siamo fatti per volare.

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